Non si tratta di una domanda trabocchetto, quanto invece di una riflessione a voce alta sulla pratica clinica, che ogni giorno sollecita la mia attenzione e la mia competenza.
Sto seguendo un paziente, un settantenne in buona forma fisica, che mantiene uno stile di vita piuttosto dinamico.
Il signor Matteo arriva alla mia osservazione con la diagnosi medica di coxartrosi, ovvero artrosi dell’anca: mi riferisce che è già stato sottoposto ad infiltrazioni locali e che gli è stato prescritto un trattamento di fisiochinesiterapia specifica; mi confida con un certo timore che l’ortopedico che lo ha visitato ha paventato la necessità di impiantare una protesi di anca, qualora il percorso riabilitativo non dovesse avere successo.
Procedendo alla anamnesi, alla valutazione generale e locale del disturbo denunciato dal paziente ed al trattamento iniziale, verifico che l’articolazione coxo-femorale “incriminata” non appare così compromessa dal punto di vista della mobilità passiva e che l’area dolorosa riferita dal paziente non sembra esclusivamente riconducibile alla patologia artrosica diagnosticata.
Quello che invece Matteo lamenta sembra essere un dolore infiammatorio in sede extrarticolare, riconoscibile come trocanterite.
Questa mia valutazione, riferita al medico ortopedico, è stata da lui accolta e verificata, permettendoci di riprogrammare e perfezionare il piano di trattamento, e soprattutto di scongiurare nel breve termine l’impianto della protesi!