Plagiocefalia

Piedi piatti? È fisiologico

Mi telefona Silvia, mamma di Alessio, un ometto di tre anni che ho seguito quando era un neonato (curando la  plagiocefalia posizionale che gli era stata diagnosticata): “Anna, mi è stata consigliata una visita fisiatrica per i piedi piatti di Alessio, ci vediamo per parlarne?”

Spesso accade di allarmarsi per questa “forma” del piede del bambino, ma in realtà i piedi piatti dei bambini sono una condizione fisiologica, cioè naturale, e tale sarà il miglioramento.

Ciò che è considerato ancora da molti un difetto è un falso problema: una ricerca europea ha dimostrato che all’età di 18 mesi il 97% dei bimbi  ha il piede piatto, ma tale percentuale si riduce progressivamente nel corso degli anni, fino al  4% nei bambini di 10 anni di età.

 Si corregge spontaneamente?

Se questa conformazione del piede, tipica dell’infanzia, rappresenta per i nostri bimbi un appoggio più ampio e migliore per la ricerca dell’equilibrio, altrettanto fisiologica é la correzione spontanea, che andando di pari passo con la crescita del piede, si spinge fino ai 10-12 anni di età, orientando il calcagno e modellando la volta plantare nella loro forma definitiva.

Cosa fare?

E’ senz’altro buona norma valutare e monitorare con attenzione l’appoggio dei piedi  in posizione eretta, che tipo di impronta lasciano i piedi mentre il bimbo cammina (per esempio sulla sabbia umida), e se lamenta sintomi durante un’attività motoria  di maggiore impegno: in tal caso sarà il medico specialista ad approfondire con l’esame clinico e  a diagnosticare il grado di severità della patologia, per suggerirne la correzione.

Ma la migliore cura pediatrica per i piedi piatti rimane l’attività fisica, la più naturale, quotidiana e preferita dal bambino, come anche piccoli esercizi come camminare sulle punte o sui talloni o sul bordo esterno del piede, allo scopo di  riallineare il calcagno e favorire lo sviluppo ed il rinforzo dei muscoli cavizzanti che sostengono fisiologicamente l’arco plantare.

Camminare scalzi: una buona abitudine?

Direi proprio di si.
Può sembrare scontato, ma l’esperienza quotidiana e tanti  negozi di calzature per bambini non confermano tale teoria… peccato, perché la propriocezione ci insegna che la stimolazione dei recettori periferici presenti sulla pianta del retropiede inviano al cervello una enorme quantità di informazioni, che una volta codificate permettono di perfezionare il controllo posturale del corpo e dunque lo sviluppo motorio corretto.

Dare spazio fin dai primi passi a questo sistema  neurologico di costruzione di mappe motorie e propriocettive significa “impostare” un imprinting positivo e fisiologico, senza filtri artificiali (le scarpe, appunto) e con benefici duraturi.

Quindi: dalla prossima primavera tutti scalzi!